di Massimiliano Bartocci –

I sindacati CGIL CISL UIL Marche, con una dura nota congiunta a firma dei segretari Daniela Barbaresi, Sauro Rossi e Claudia Mazzucchelli, denunciano la “gestione inadeguata dell’emergenza pandemica da parte della Regione Marche, molto attenta nella propaganda ma molto meno capace di affrontare la situazione“.

Nell’intervista al Corriere Adriatico di domenica il Presidente Acquaroli ha dichiarato che il livello dei contagi è tale da avere “un impatto ancora basso sulle ospedalizzazioni”.

C’è da chiedersi se il Presidente conosca davvero i dati dei ricoveri visto che ieri risultavano complessivamente ben 522 persone ricoverate o comunque presi in carico dal sistema sanitario nelle Marche: 112 nelle terapie intensive o semi-intensive, 192 negli altri reparti ospedalieri, 148 nelle RSA e altre 70 “parcheggiate” nei Pronto Soccorso.

L’occupazione dei posti letto dell’area medica è arrivata al 25%, sopra la media nazionale (24%): dunque un paziente su quattro è ricoverato per Covid. Ma preoccupano soprattutto i ricoveri nelle terapie intensive: secondo i dati ufficiali i pazienti Covid occupano il 21% dei posti letto complessivi (a fronte di una media nazionale del 17%), percentuale che salirebbe al 27% se si escludessero dal conteggio i 42 posti letto del Covid Hospital di Civitanova attualmente non disponibili.

La gravità della situazione è ancora più evidente se si considera il numero dei ricoverati nelle terapie intensive in rapporto alla popolazione che colloca le Marche al 4° posto dopo Valle d’Aosta, Provincia di Trento e Veneto“.

“PERSONALE RIDOTTO A NUMERI CHE HANNO DELL’INVEROSIMILE”

“Intanto negli ospedali si registra un’altissima tensione, non solo perché si sta gestendo l’emergenza Covid ormai da due anni ma perché l’organico è ridotto a numeri che hanno dell’inverosimile.

Sono state nuovamente bloccate le ferie e interi reparti stanno ridimensionando pesantemente la propria attività per destinare il personale alle terapie intensive, si pensi all’attività delle chirurgie fortemente compromessa in quasi tutte le realtà, per non parlare dell’impatto del personale sanitario infettato dal Covid o comunque in quarantena“.

PER LA POLITICA IL 118 NON ESISTE

Una situazione vicina al collasso come aveva fatto intendere anche Giovanni Papi Renzetti, responsabile nelle Marche del Sindacato Medici Italiani per l’emergenza convenzionata “Durante questi anni sempre meno medici vogliono lavorare nel 118 e molti che ci lavoravano hanno lasciato il servizio scegliendo altre occupazioni. Le condizioni di lavoro negli anni sono decisamente peggiorate e le amministrazioni regionali e l’Asur non hanno mai cercato di migliorare il sistema”.

“In aggiunta a ciò il carico di lavoro è notevolmente aumentato in conseguenza alla pandemia: sono aumentati il numero degli interventi, i tempi di trasporto e gestione del paziente in quanto si è trasportato anche pazienti in ospedali lontano dalla propria provincia di lavoro per farli ricoverare in ospedali covid dedicati, ed infine è stato necessario coprire le malattie dei colleghi per covid-19 e non per ultime le morti degli stessi“.

La carenza di medici, data dalla fuga degli stessi, ha portato le varie Aree Vaste a de-medicalizzare le postazioni territoriali così che i medici rimasti in servizio sono costretti a svolgere turni ogni volta in postazioni diverse dalla propria di assegnazione e adesso ancora di più perché chiamati a coprire le carenze di organico di Pronti Soccorso carenti di personale”.

Questa condizione crea un aumento del disagio lavorativo per i medici e una notevole discriminazione dei pazienti del territorio, soprattutto dell’entroterra, che si vedono arrivare ambulanze senza medico dove operano solo degli infermieri che, seppur bravi e competenti, hanno una operatività limitata non potendo prescrivere e somministrare farmaci. Oltre a ciò alcune Aree Vaste hanno fatto ordini di servizio per far lavorare i medici del 118 nel pronto soccorso togliendoli dall’ambulanza, azione che comporta una ulteriore de-medicalizzazione del territorio, un aggravio del carico lavorativo del medico che si trova a dover lavorare in un contesto che non è il suo e per di più non si risolve il problema della carenza medici anche nei pronto soccorso perché la coperta è troppo corta da ambo le parti e quindi non è tirandola dalle varie parti che si riesce a coprire tutto. Per la politica il 118 non esiste

A FERMO IL PRONTO SOCCORSO “E’ OLTRE LA SOGLIA LIMITE”

A farne le spese sono soprattutto i cittadini.

Ieri a Fermo i pazienti con sintomi covid sono stati costretti a restare per lungo tempo nelle ambulanze perché tutti i posti letto del Pronto Soccorso erano occupati, tanto da far dichiarare al primario del reparto, Alessandro Valentino, che la situazione “è ben oltre la soglia limite”.

Ma oltre agli spazi quello che preoccupa di più è la carenza di personale. In pratica il pronto soccorso è costretto ad operare con due soli medici h24 e un terzo h12.

Fino a quando l’Ospedale di Fermo sarà in grado di garantire l’operatività del Pronto Soccorso?