di Massimiliano Bartocci –

Dopo aver “dimenticato” in un cassetto la proposta della “Fondazione Italiani”, con cui veniva offerta la ristrutturazione della Casina delle Rose senza alcun impegno economico per il Comune, con contestuale mantenimento della proprietà pubblica, è giunta la risposta dell’Amministrazione Comunale che di fatto chiude ogni possibile collaborazione con questo ente filantropico.

E‘ possibile farsi una libera idea della vicenda scaricando sia la proposta formulata dalla Fondazione Italiani che la risposta firmata dal primo cittadino Paolo Calcinaro:

LA PROPOSTA DELLA FONDAZIONE ITALIANI

LA RISPOSTA DEL SINDACO ALLA FONDAZIONE ITALIANI

Il vero obiettivo dell’Amministrazione Comunale

La lettera di risposta del Sindaco contiene infatti tutta una serie di “giustificazioni” per arrivare ad un’unica soluzione: vendere per fare cassa.

Si dice infatti che proposte simili a quella presentata dalla Fondazione Italiani sono già state analizzate “in tempi recenti” e che non hanno avuto successo. L’immobile secondo il primo cittadino sarebbe stato oggetto “di svariate procedure di alienazione, di project financing e di dialogo competitivo, che contemplavano anche la ristrutturazione e la gestione della struttura, che per molteplici motivi non hanno avuto un esito positivo”.

Ma non risulta vi siano stati “in tempi recenti” proposte simili a quelle della “Fondazione Italiani” e se vi sono state, come in questo caso, sono state tenute ben nascoste nei cassetti.

Il Sindaco poi fa riferimento al “forte incremento della domanda turistica degli ultimi anni” e alla necessità di mantenere la vocazione alberghiera.

Anche questi due elementi sono del tutto contraddetti dai fatti e dai dati.

Il boom turistico che non esiste

La stessa Amministrazione Comunale parla di una forte diminuzione dei flussi turistici, come ad esempio nella Determinazione dirigenziale n. 48 del 16 Febbraio 2022 (r.g. 354) con cui sono stati affidati direttamente “servizi di ideazione, elaborazione, definizione e presentazione della proposta progettuale da candidare al bando pubblico del Ministero dell’Interno per l’assegnazione del fondo anno 2021 a sostegno delle piccole e medie città d’arte e dei borghi particolarmente colpiti dalla diminuzione dei flussi turistici dovuti all’epidemia da Covid 19”;

A questa determina fa eco il sito istituzionale del Comune di Fermo dove si legge che “anche per il 2021 a Fermo l’imposta di soggiorno per chi soggiorna nelle strutture ricettive è azzerata. Nessun adempimento o versamento, inoltre, sarà a carico delle strutture interessate. È quanto deliberato dalla Giunta Comunale fermana, dando seguito a quanto fatto anche lo scorso anno, quando la tariffa del tributo è stata azzerata, a causa delle gravi perdite subìte dal settore turistico-ricettivo per l’emergenza sanitaria creata a causa dell’epidemia COVID19”.

Un mancato introito (per 624.745 presenze) che non troverebbe giustificazione soprattutto se paragonato ai Comuni Italiani “meno prestanti” che invece l’hanno mantenuto.

Così come strumentalizzati sono stati i dati contenuti nel report pubblicato dalla società Sociometrica, di cui è direttore il Prof. Antonio Preiti, ripreso anche dal Sole 24 Ore, con cui sono stati analizzati 3.390 comuni turistici italiani, tra cui la città di Fermo, che sorprendentemente è risultata la terza destinazione turistica con il maggior incremento di presenza: +38%.

Il risultato è infatti scaturito dal confronto delle presenze turistiche fatte registrare, nel Comune di Fermo, nel 2019 (452.596) con quelle del 2021 (624.745), con un saldo attivo di 172.149, che sarebbe il segnale di una capacità eccezionale del Comune di “resistenza” alle difficoltà generate dal periodo pandemico.

Ma si sa i dati vanno analizzati e interpretati da chi conosce la realtà locale.

La Sociometrica non poteva conoscere un fatto determinante, che riguarda il Comune di Fermo, vale a dire che gli incrementi di presenze sono “inficiati” dalla nota vicenda giudiziaria legata al Camping Verde Mare posto sotto sequestro nel 2016 con l’accusa di abuso edilizio. La riapertura, “per non aver commesso il fatto” nel 2020, di una delle più grandi strutture ricettive delle Marche, ha determinato un improvviso incremento delle presenze che non sono certo legate alla capacità di “resilienza” di un territorio né alla bontà delle scelte politiche dell’amministrazione comunale.

Se infatti togliamo dai dati del 2021 le presenze turistiche del Camping Verde Mare, che ha una ricettività di 2490 ospiti al giorno, e una media annua di 180.000 presenze, ci accorgiamo che il territorio ha sofferto come il resto d’Italia e forse anche di più.

La destinazione alberghiera per nascondere la possibile speculazione edilizia

Così come la necessità del mantenimento della destinazione alberghiera è proprio contradetta dalla alienazione cioè dalla perdita di controllo su questa struttura.

E’ infatti noto che l’attuale legislazione consente la realizzazione di un 40% di residenziale in concomitanza con la ristrutturazione di una struttura alberghiera (c.d. condhotel) così come esiste la possibilità per il futuro proprietario di chiedere la rimozione del vincolo alberghiero “se viene comprovata la non convenienza economico-produttiva della struttura” (art. 8 comma 5 legge quadro turismo n. 217 del 1983), come confermato dalla recente sentenza del Consiglio di Stato n. 475 del 8 Aprile 2021.

Se si voleva mantenere la “vocazione alberghiera” il Comune avrebbe dovuto garantirsi il controllo su questa struttura.

Il Sindaco quindi aggiunge che per realizzare questo scopo “è necessario attrarre ingenti investimenti e coinvolgere le migliori professionalità”.

Affermazione contraddetta dalla ridicola fissazione della base d’asta a 1,97 milioni di euro, ma anche dal comprovato disinteresse degli imprenditori alberghieri che non si sono presentati alle precedenti aste.

Restano solo gli imprenditori edili e quelli interessati al cambio di destinazione e quindi alla speculazione edilizia. Sono queste “le migliori professionalità” annunciate dal Sindaco?

Perché anche la nebulosa vendita della Casa del Custode ha visto come unico interlocutore un imprenditore che certo non è “specializzato” in attività turistico-ricettive.

I Consiglieri comunali esclusi dalle vicende cittadine

In fine si parla del fatto che questa “chiusura” verso la proposta della Fondazione Italiani sia sta valutata dall’intera giunta. Ne consegue come sia, anche in questo caso, mancato il coinvolgimento del massimo organo democratico, ossia il Consiglio Comunale, come pure della cittadinanza e delle associazioni cittadine apertamente contrarie alla vendita.