In Località Colle Ete, nel Comune di Belmonte Piceno e, marginalmente anche in quello di Servigliano, è previsto un impianto agro-fotovoltaico che occuperà una superficie totale di poco meno di 40 ettari, qualcosa come circa 50 campi di calcio, per un costo complessivo di oltre 3 milioni di euro e capace di produrre una potenza di 18,31 MWp.

Ad esprimere tutta la preoccupazione per questo impattante progetto è stato il coordinamento ambientalista del Fermano che rappresenta diverse associazioni tra cui Italia Nostra, LIPU, Slow Food del Fermano, Legambiente, Archeoclub, Chi Mangia la Foglia, River Keeper-EKOCLUB.

Il soggetto proponente è la TEP Renewables (BELMONTE PV) S.r.l., società italiana del Gruppo TEP che ha sede legale in Gran Bretagna e uffici operativi un po’ in tutto il mondo, Italia compresa.

La società di cui sopra ha elaborato e redatto uno studio di Impatto Ambientale (SIA), asserendo di aver fatto proprie le Linee Guida del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente “Valutazione di impatto ambientale”, Norme Tecniche per la redazione degli studi di impatto ambientale“ (LG SNPA 28/2020), con l’obiettivo di individuare le matrici ambientali e socio-sanitarie, quali fattori antropici, naturalistici, climatici, paesaggistici, culturali ed agricoli su cui insiste il progetto, e l’analisi del rapporto delle attività previste con le matrici stesse.

Per il Coordinamento delle associazioni ambientaliste “viene spontaneo chiedersi con quale metro di paragone si sono svolte le indagini, in un contesto che ha nella peculiarità naturalistica la sua ragion d’essere, con un equilibrio naturale che non è stato posto in difficoltà dal degrado ambientale che sta opprimendo l’intero territorio nazionale”.

Una delle missioni sulle quali la società pensa di muoversi è quella denominata Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica, in linea con gli indirizzi di Governo.

Francamente in tutto questo è difficile scorgere qualcosa che possa avvicinarsi ad una Rivoluzione Verde. Un’estensione di circa 40 ettari di pannelli solari, per un numero di quasi 37.000 moduli (il pannello solare è composto da numerosi moduli fotovoltaici, a loro volta composti da celle fotovoltaiche), con strutture di sostegno di circa 2,50 mt di altezza, a sostegno di pannelli solari di lunghezza superiore a 4,50 mt che nella loro inclinazione fino a 55° arrivano a circa 10 cm dal piano campagna. Pur prevedendo “adeguate” distanze tra i singoli pannelli non è difficile comprendere, anche da parte di un non esperto del settore, che nel terreno sottostante non trova spazio nessuna forma di allevamento di qualsivoglia specie animale, se non forse di conigli, o di coltivazione agricola, se non altro perché il terreno viene depauperato della sua principale fonte di vita, il sole.

La società in questione, inoltre, prevede la recinzione perimetrale che dovrà delimitare le aree di installazione degli impianti, con rete metallica a pali fissati nel terreno con plinti. Sarà sollevata da terra di circa 10 cm per il passaggio della microfauna: c’è da chiedersi quale potrebbe essere la microfauna in questione se già un topolino di campagna o una lucertola troverebbero difficoltà a passare. Niente paura però perché saltuariamente ci saranno ulteriori aperture di cm 30 x 30 cm previste per il passaggio della fauna di taglia maggiore. È evidente che si ha, anche in questo caso, scarso senso della “misura”…

            Il Coordinamento delle Associazioni Ambientaliste del fermano vuole prendere spunto dalle Osservazioni, con richiesta di parere negativo, depositate dalla Condotta Slow Food di Fermo, che del Coordinamento fa parte, in data 26-01-2023, e farle sue in toto, con particolare riferimento alla necessità di tutela della vicina area archeologica di Belmonte Piceno.

Il suolo agricolo è un patrimonio da tutelare, possibilmente da incrementare. Lo scorso novembre c’è stata una proposta di legge regionale da parte della Regione Marche, per la regolamentazione degli impianti con moduli a terra, ivi compreso l’agrivoltaico. Dimenticando che si è ancora in attesa dei decreti attuativi del D.L. n.199 dell’8 novembre 2021, prodotto per regolamentare questa tipologia di impianti.   Tutto equivale, quindi, ad un salto in avanti anticipando quella che potrebbe essere la legge.

            Tutti gli enti locali spendono fiumi di progetti e parole per promuovere l’agricoltura locale, ci riempiamo la bocca di km-zero e tutti questi bei concetti, e poi con un solo progetto togliamo ben 40 ettari alla produzione agricola del territorio per darli ad una società di speculazioni energetiche inglese? (È quantomeno curioso poi come molti inglesi vengano ad acquistare case di campagna per la bellezza del nostro territorio…)

            Prima di occupare terreni agricoli e togliere opportunità ai coltivatori e agli allevatori è necessario prendere in considerazione l’utilizzo con le potenzialità che offrono i tetti, delle aree industriali e artigianali e comunque non agricole.

            L’agrivoltaico così come progettato a Belmonte contempla sì opere di attenuazione per poter proseguire con le attività agricole che però difficilmente sarebbero traducibili nella realtà futura e comunque a stento verificabili.

            Una situazione fotocopia a quella di Belmonte si è verificata tra Fano e Cartoceto, con un campo agrivoltaico di circa 45 ettari. I sindaci delle due località, lo scorso ottobre 2022 hanno prontamente preso posizione contraria al progetto, questa volta presentato da una società tedesca, coinvolgendo nel rigetto del progetto stesso anche il presidente della provincia.

            La nostra comunità merita una simile scempio? Sono tante le ferite del territorio, che vengono perpetrate giornalmente e che impercettibilmente stanno mettendo a rischio il futuro delle prossime generazioni. Dov’è in tutto questo il rispetto del cittadino comune, dell’ambiente, del paesaggio delle nostre colline vanto turistico in tutto il mondo? Perché è così difficile da comprendere che non è possibile coltivare sotto e a ridosso di pannelli fotovoltaici qualunque specie di piantagione o esercitare qualunque tipo di allevamento? Morfologicamente le nostre colline non si prestano a tutto questo sia per essere scoscese, sia sotto l’aspetto visivo impattante che determinerebbe una distesa di 40 ettari di pannelli fotovoltaici.

In riferimento all’aspetto paesaggistico, questo progetto finisce col mandare all’aria il tanto decantato aspetto incomparabile delle colline marchigiane, il bene e l’attrattiva turistica maggiore del nostro territorio. Inutile valorizzare i borghi più seducenti dei nostri luoghi se poi, come sfondo, proponiamo distese di ettari ed ettari di pannelli solari.

È veramente giunta l’ora di allargare il concetto di “consumo di suolo” anche ai progetti di questo tipo.

È quindi fuori discussione che, vista l’inopportunità del progetto che si vuole porre in essere, siamo fermamente contrari ed esprimiamo un convinto e deciso dissenso alla sua realizzazione.